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La vittoria di Hilary Clinton alle elezioni Usa che si terranno l’8 novembre sembra ormai scontata. Tutti i sondaggi danno la candidata democratica nettamente in testa nei confronti di Donald Trump e niente sembra in grado di intaccare questo vantaggio, nemmeno il fatto che l’ex Segretario di Stato non sia propriamente tra i candidati alla presidenza più apprezzati tra quelli che nella storia hanno corso per la Casa Bianca.

Ma il dato su cui gli analisti che seguono le elezioni Usa stanno riflettendo è il fatto che la sconfitta dei repubblicani non è da imputare al fatto che sia Donald Trump a rappresentarli: la convinzione degli esperti è che il Grand Old Party perderebbe con qualsiasi candidato.

Quali sono i motivi di una sconfitta che sarebbe quindi scritta in qualsiasi caso?

L’idea degli esperti è che alla base dell’impossibilità di vincere per i repubblicani vi sia la composizione dell’elettorato americano, composizione che è poi anche la ragione, sempre secondo gli esperti, del dominio democratico nelle ultime elezioni presidenziali, quelle che hanno portato per due volte Barack Obama alla Casa Bianca.

Come vota l’America?

Gli analisti, sintetizzando i propri ragionamenti, hanno messo in luce come i repubblicani, anche in queste elezioni Usa con cui si designerà il successore di Obama, siano riusciti ad attrarre solo quella parte di elettorato bianca e di tendenza o ideologia conservatrice.

I democratici al contrario hanno un bacino elettorale assolutamente più vasto e questo dipende dal fatto che quelle che storicamente sono definite minoranze, sia da un punto di vista etnico che sociale, oggi non lo sono più.

Hilary Clinton quindi può contare su una risorsa straordinaria, consistente in una miriade di gruppi etnici e sociali che non voteranno mai un repubblicano.

L’impresa disperata di Trump

I numeri dicono che Trump, per poter vincere queste elezioni Usa, deve non soltanto raccogliere tra gli elettori bianchi la stessa percentuale di voti che raccolse Matt Romney nel 2012 (ovvero il 60%), ma deve anche riuscire ad intercettare almeno 1/3 dei voti non bianchi.

Se si pensa che quattro anni fa Romeny arrivò soltanto al 17% e che John McCain nel 2008 fece soltanto leggermente meglio con il 19%, si capisce come arrivare a questo risultato per Trump sia quasi impossibile. Hilary Clinton parte decisamente in una posizione di forza in queste elezioni Usa e le basterà cercare di seguire lo stesso percorso di Obama, che nelle elezioni del 2012 venne nettamente battuto da Romney per quanto riguardava il voto dei bianchi, ma surclassò l’avversario grazie al voto in massa ottenuto dalle minoranze etniche e sociali, che votarono compatte per la sua riconferma alla Casa Bianca.

Per capire il peso determinante del voto di minoranze che elettoralmente non sono più tali, basti pensare che Romney nel 2012 ottenne 18 milioni di consensi in più di Obama tra l’elettorato bianco, ma nel conteggio complessivo dei voti si ritrovò sconfitto per ben 4 milioni di voti.

I bianchi ormai disertano le urne

E che per i repubblicani la stagione del ritorno alla Casa Bianca sia decisamente lontana dal concretizzarsi lo si capisce anche dalla disaffezione che l’elettorato bianco dimostra per le urne.

Trump per avere qualche speranza di vittoria dovrebbe sperare di ottenere almeno il 65% dei voti da parte dell’elettorato bianco, un risultato che non si concretizza addirittura dal 1984, anno dell’elezione di Ronald Regan.

E gli analisti sono concordi nel ritenere che i repubblicani, fino a quando cercheranno di garantirsi soltanto il voto conservatore bianco, non riusciranno mai a tornare alla Casa Bianca. La sensazione è che i vertici del partito non si rendano conto che il paese è cambiato e non è più quello di trent’anni fa.